santina campana (1)

La storia

«Coraggio il soffrire passa, l'aver sofferto rimane»

Santina Campana, una giovane anima splendente nata ad Alfedena, un angolo incantato d’Abruzzo, il 2 febbraio 1929. La settima figlia di Giuseppe e Margherita Di Palma, un dono speciale inviato dal cielo a una famiglia già benedetta. Fin da piccola, nel cuore puro di questa fanciulla, l’amore per il Signore brillava come una stella luminosa, guidandola lungo il sentiero della fede.

A soli sette anni, un atto di generosità sorprendente, si offrì vittima per la vocazione religiosa delle sue adorate sorelle e per il sacerdozio dei suoi amati fratelli. “Dove c’è una vocazione, non può mancare una vittima,” ripeteva, abbracciando con dedizione il suo sacrificio. Crescendo, la sua fede si rafforzava e la sua determinazione a donare sé stessa per gli altri non conosceva confini.

L’orizzonte tranquillo di quegli anni venne oscurato dalla tempesta della Seconda Guerra Mondiale, e Santina, all’età di 14 anni, dovette sfollare con la sua famiglia nelle aspre montagne dell’Abruzzo e del Molise. Nonostante le difficoltà e la malattia, il suo spirito resiliente non si sgretolò. Una pleurite, trascurata per troppo tempo, minava il suo corpo fragile, ma la sua fede rimaneva incrollabile.
Coraggio,” incitava tutti coloro che incrociavano il suo cammino. “Sarà quello che il Signore vorrà: se Egli non permetterà, nessuno ci potrà fare del male.” Come un faro nella tempesta, Santina era un esempio luminoso di speranza per chiunque le si avvicinasse.
E come santa Teresa di Gesù Bambino, la sua dolcezza e amore per Dio la portarono a scegliere di offrire la sua breve vita per il papa, i vescovi, i sacerdoti e le Missioni. La sua devozione filiale a santa Giovanna Antida Thouret la guidò nella sua aspirazione a diventare una suora, una santa consacrata a Dio. E così, a soli 16 anni, fu accolta tra le novizie delle Suore della carità.

Ma il destino aveva altri piani per lei. Un’insidiosa emottisi polmonare la costrinse a lasciare il noviziato e ad affrontare il ricovero nel sanatorio di Villa Rinaldi a Pescina. Nonostante le sofferenze e il dolore fisico, Santina rimase salda nella sua fede, vedendo il suo letto d’ospedale come un “trono bianco” sul quale portava conforto e speranza a tutti coloro che l’approcciavano.


Nel cuore della lotta, fu eletta presidente del circolo del sanatorio, continuando a essere una luce radiosa per gli altri, mentre affrontava la sua personale oscurità. Il suo motto era una preghiera viva, un legame profondo con il divino: “Dio solo per fine, Gesù per modello, Maria per guida, l’Angelo per aiuto, io sempre nel sacrificio.”
Una giovane vita, intensa come un fuoco ardente, si spense prematuramente all’età di 21 anni, il 4 ottobre 1950. Ma la sua luce non si estinse; invece, si irradia attraverso il tempo, ispirando tutti coloro che conoscono la sua storia di coraggio, sacrificio e fede incondizionata.

Il suo corpo, una volta posato nella terra di Pescina, fu poi traslato nel 1967 nella chiesa parrocchiale di San Giuseppe, una dimora eterna in cui il suo spirito e la sua memoria potessero essere onorati. E nel 1979, la Chiesa riconobbe ufficialmente l’inizio del cammino verso la sua beatificazione, rendendo omaggio alla serva di Dio, Santina Campana.

La sua vita, come un fiore raro sbocciato tra le asperità della montagna, continua a ispirare il mondo. E mentre il tempo passa, il suo ricordo brilla ancora, un faro di speranza e amore nel cuore di coloro che scoprono il dono prezioso che è stata Santina Campana.

Gli anni della Guerra

«Dio solo per fine, Gesù per modello, Maria per guida, l'Angelo per aiuto, io sempre nel sacrificio».

Durante la Seconda Guerra Mondiale, la vita di Santina Campana è stata fortemente influenzata dalla situazione bellica. Nel settembre 1943, a causa della guerra, molti abitanti del suo paese decisero di trasferirsi a Roma per sfuggire ai bombardamenti. Tuttavia, la famiglia di Santina decise di rimanere e si rifugiò nei boschi, vivendo nascosti nei casolari abbandonati per tutto l’inverno con la costante paura dei bombardamenti.

Durante questo periodo difficile, Santina contrasse la pleurite, una malattia che le causò febbre alta e dolori. Nonostante la malattia, ricoprì il ruolo di animatrice dei gruppi di fuggiaschi, aiutando i compagni di sventura a superare il fronte e a giungere dagli alleati. La sua esperienza durante la guerra influenzò profondamente la sua vita, trasformandola in una persona forte e resiliente.

La malattia di Santina

La malattia di Santina Campana Il 25 marzo 1947, un’improvvisa emottisi rivela la natura tubercolare della malattia di Santina. Nonostante ciò, la giovane vive la grazia di stare nella pace e nella gioia, ripetendo a tutti il suo desiderio di diventare una grande santa. Anche durante le visite mediche, i dottori restano sorpresi dalla bellezza e dal sorriso di questa ragazza così provata nella salute ma così gioiosa nell’aspetto e nello spirito.

Gli esami confermano la tubercolosi polmonare e i medici stimano poche settimane di vita. Tuttavia, Santina vive altri quattro anni presso il sanatorio “Villa Rinaldi” di Pescina (AQ), rinunciando al noviziato e al suo desiderio di diventare suora. Accoglie la volontà di Dio e la sua malattia come una grande missione da compiere.

Nonostante le febbri altissime, gli atroci dolori nel corpo e la perdita di peso, Santina non perde il suo sorriso. La sua luce viene descritta come quella di un prisma che riceve la luce da Dio e la riflette. Anche il vescovo che andava a trovarla la definisce come “una figliola che è un sorriso vivente”.

La casa di Santina

La tomba di Santina

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